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“La sindrome del 7 ottobre (o delle Torri gemelle)” di Sebastiano Miskin

“La sindrome del 7 ottobre (o delle Torri gemelle)” come psicopatia individuale transnazionale

di Sebastiano Miskin

A volte, come sta accadendo a Gaza, e come è accaduto negli USA dopo l’11 settembre, sono i popoli, nella loro maggioranza, e gli Stati, con una propaganda a senso unico avallata dalla quasi totalità dei mezzi di comunicazione, a soffrire di questa sindrome psicotica. Questo però non ci deve far dimenticare che questa sindrome è presente nei singoli individui, in ogni parte del mondo, siano essi anche politicamente ed umanamente vicini alla causa palestinese o contrari ad ogni forma di imperialismo.

Ma di cosa si tratta? Cosa vuol dire parlare di un disturbo psicopatico del 7 ottobre, o dell’11 settembre, nella vita psichica e comportamentale di un individuo?

Stiamo parlando di un meccanismo che a volte è presente in uno dei componenti di una coppia, anche se questa persona all’esterno, in condizioni pacifiche o superficiali, si presenta amorevole, gentile, molto educata. Anche troppo. Di base, come ogni forma psicotica, è in atto una scissione in cui ciò che è reale, oggettivo, viene rimosso, così che il soggetto vive la realtà dei rapporti, come quello coniugale, secondo un’allucinazione a circuito chiuso che si riattiva senza sosta, circolo vizioso della mente di cui il soggetto non è mai veramente consapevole. Se in veste di popolo-Stato mette in atto uno sterminio, come il governo di Israele in Palestina, o singolarmente perde la testa e il controllo all’interno di un rapporto interpersonale (coniugale o parentale), la sua mente distorta lo farà sentire sempre come vittima, e come tale, vendicandosi o soffrendo, si comporterà. Tutto per questi Stati o soggetti  inizia sempre da un “7 ottobre” o da un “11 settembre”, quando qualcuno decide di reagire ai maltrattamenti  o ai crimini a lungo subiti, e butta giù la psicotica visione in cui il diverso non è che torre gemella di se stessi, Stato o persona che sia:  immagine di una agghiacciante simmetria che annulla l’altro, che non ha mai considerato, visto, né veramente amato. Tutto è legittimo, crimini o autodistruzione, quando si subisce un feroce contrattacco imprevisto, sia questo anche un abbandono da chi, stanco di parlare al vuoto, ad un certo punto stacca la spina. La mente di chi soffre di questa psicopatia non ha coscienza di quello che nella sua vita o nel paese vicino è successo prima della data fatidica, la memoria dei propri comportamenti malsani o violenti è inesistente. Ha sempre ragione, a prescindere.

Gli eventi contrassegnati dalle nostre date fatidiche sono per molti versi provocati dalla mente psicotica di uno Stato o degli individui che così si trovano in diritto di portare avanti la demonizzazione o lo sterminio dell’altro, che da vittima (mai da loro riconosciuta come tale) si trasforma in carnefice, in terrorista; non sono in pochi che hanno detto, e non è fantapolitica, che questi eventi criminosi siano accaduti per responsabilità o complice disattenzione degli Stati vittime a cui hanno dato ufficiale alibi per continuare la loro strategia di dominio, di fatto solipsistica, sovranista. Importante è che il proprio psicotico egocentrismo non metta mai in discussione la parte nera e oscura di certi automatismi e comportamenti sviluppati negli anni e incrini l’immagine che si vuole avere di sé e mostrare all’esterno.

Tutto ciò accade quando ci si sente in qualche modo benedetti come eletti, Gott mit huns e via dicendo, e le leggi valide per il proprio popolo o Io non valgono per gli altri o per un altro Io. Quando si è narcisisticamente incatenati alle proprie ferite, tanto da non vedere più quelle che abbiamo provocato, direttamente, violentemente, o per distrazione e mancanza di attenzione, di ascolto. Il carattere di un popolo o di una persona non c’entra, quando c’è in ballo un corto circuito psicotico anche lo stesso cattivo carattere può essere alibi utile a mistificare la realtà profonda dei propri automatismi psichici e comportamenti. Il problema di fondo è nel costituirsi come isole, popoli-isole, individui-isole, e non essere quindi liberi individui che seguono la propria coscienza e libero arbitrio, auto consapevoli e autocritici; è nel voler appartenere ad ogni costo ad uno Stato (reale o fantasmatico), uno Stato isola che nessun mare confina e sulle cui coste desertificate è issato il cartello hic sunt leones: oltre i nostri confini inizia la terra dei barbari, delle fiere mostruose, la terra ignota dell’altro. Come nel caso delle torri gemelle il totem di questo genere di Stati o individui è narcisisticamente speculare. Insulare.

Come mi raccontava un amico analista, un giorno il figlio di 7 anni di una paziente affetta probabilmente dalla sindrome del 7 ottobre disegnò una mappa geografica immaginaria in cui aveva collocato le figure che facevano parte della sua famiglia, tutte raccolte nel continente vicino a lui, mentre la madre era stata collocata lontano su un isola in alto mare. Non certo un’isola felice e fortunata per chi si trova ad essere un individuo-isola o una Stato-isola, tutt’altro. E’ un trauma che spesso conduce lì, infantile/adolescenziale, oppure come nel caso del popolo ebraico il feroce enorme sterminio subito dai nazisti, preceduto da secoli di emarginazione. Certo il loro super Io è come dicevamo onnipotente, come il loro autismo:  è una forma di difesa, come la sofferenza perpetua a cui si sono consegnati per non mai contraddire i capisaldi del proprio Io o popolo o Stato. Gott mit uns, ma anche Got mit uns, i “miei amici sono con me”: tutti gli altri remano contro, e non hanno mai ragione. Come nel caso di quel giovane israeliano, fervente filo palestinese, che si trovava sul Lungo Senna con il suo cagnolino poco educato che si era messo a rincorrere e a ringhiare ai calcagni un pacifico ciclista: ebbene, secondo il giovane padrone del cagnolino, il problema era la paura eccessiva del ciclista che non aveva nessun diritto a protestare, seppure timidamente, anzi addirittura avrebbe dovuto chiedere scusa per aver, a parole, mal sopportato e malvisto il cagnolino.

Intelligenza fa spesso rima con prepotenza, nella stessa misura in cui carità (o amore del prossimo, quale che sia la sua razza) per molti può far rima con stupidità. Però l’intelligenza stessa, minima o grande che sia,  si annulla quando entra i gioco la sindrome del 7 ottobre. La stupidità a quel punto fa rima con ferocia, ostinazione a ripetere e ripetersi, e ogni carità o amore del prossimo, piccolo o grande che sia, si annulla di colpo. Eppure proprio lì in terra di Palestina, duemila anni fa, e non a caso, un uomo creduto folle dalla maggioranza dei suoi consanguinei, custodi del Vecchio Testamento, aveva osato spezzare il circolo vizioso: aveva detto “chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Poi spingendosi all’estremo addirittura di “porgere l’altra guancia” se si era offesi o feriti (per una, due, tre volte forse, non credo in eterno, visto che anche lui a volte ha perso la pazienza e usato la “spada” mentre rovesciava i banchetti dei Mercanti che assediavano il Tempio: cosa farebbe ora che i Mercanti si sono presi il mondo?!).

Ecco, essersi auto ipnotizzati nella sindrome del 7 ottobre vuol dire non essersi mai posta la domanda di quel folle, un sublime “idiota” nei termini dostoevskiani, e quindi non aver remore a scagliare la prima pietra contro il peccatore, anzi di sterminare tutto il suo popolo e la sua terra se si è reso colpevole di un attacco terrorista, di lesa maestà: tutto ciò è possibile perché il lanciatore solitario di pietre, o un popolo quasi intero di fanatici invasati lanciatori di pietre (che in realtà sono grappoli di bombe a ripetizione) ha dimenticato i crimini e le occupazioni che il suo super Io, benedetto da Dio e dagli amici consanguinei, ha compiuto ai danni dell’altro,  come quelli compiuti dallo Stato di Israele contro gli antenati, i genitori e i fratelli del peccatore terrorista che da 70 anni non ha potuto mai vivere in pace nella terra in cui è nato. Ma quella terra, ripetono i fanatici, non è sua. E’ della razza eletta, quei poveracci non sono che animali, barbari, e come tali vanno sterminati. Gott mit uns.

Il problema è l’idea stessa di Stato, di nazione sovrana, chiusa in se stessa, e l’imperialismo di questo individuo-Stato, drogato dalla propaganda religiosa o dai mezzi di comunicazione, incapace di domandarsi l’11 settembre o il 7 ottobre: ma perché ce l’hanno con noi?! Islamisti, sovranisti, nazionalisti, sionisti, bardati per la guerra o annoiati e sazi davanti alle tv nelle loro villette a schiera nelle lande più sperdute dell’Occidente dove spesso sta issata la loro bandiera, fanno parte della stessa schiera, maggioritaria, complice e succube, incapace di capire che l’evoluzione di un individuo o di una Nazione va in senso contrario alla deificazione dello Stato e dei suoi confini, siano essi quelli di una imperialistica espansione con cui si vuole portare la democrazia nei territori preceduti dalla scritta Hic sunt leones. La terra, la porzione di terra in cui si è nati, è certo affettivamente e culturalmente un luogo di memoria e d’elezione per ogni suo abitante, diciamo un Paese, con la sua natura, con i suoi costumi e architetture, con un carattere che volenti o nolenti ci ha formato. Ma mai deve essere inteso come territorio, parola che fa rima con terrore, quando appunto lo si vuole difendere od espandere. L’io come i popoli, lentamente, dovrebbero iniziare a sentirsi apolidi, custodendo sì la propria terra, certe usanze e differenze che la globalizzazione vuole cancellare o uniformare, con monoculture che azzerano la biodiversità (non solo naturale), e così abbandonare la visione ristretta di un Io-Noi, fortificata ed escludente, sorda. Gli Stati, democratici o dittatoriali, sono il laboratorio della creazione di una maggioranza silenziosa che sostiene la stessa idea fittizia di Stato (o di Famiglia) che è un anestetico (quando non un eccitante in vista di progetti bellicosi). Le minoranze, coloro che non hanno perso spirito critico e umanità, sono una entità trasversale, transnazionale, e sono tra loro più vicine rispetto alle maggioranze “consanguinee” che abitano nelle loro nazioni

Di famiglie e paesi d’elezione si dovrebbe parlare, di comunità che scavalcano razze, bandiere, classi – e che hanno coscienza si quanto sia brutale e ingiusta una società divisa per razze, bandiere e classi. Il motto dei nuovi resistenti apolidi, e di tutti coloro che non sono affetti dalla sindrome psicotica suddetta, ovvero sudditi-vittime-complici dello Stato o del proprio Super Io, potrebbe essere ora aggiornato così : “minoranze di tutto il mondo, unitevi!” – già di fatto lo siete.

Se non possiamo passare all’attacco nella speranza, sempre più debole, di cambiare un sistema ormai globale, almeno resistiamo evitando di pensare e agire come l’incombente ottusa maggioranza, silenziosa o urlante, ora spesso bombardante. Verrà il momento in cui, singoli individui  o popoli complici di stermini, prima o poi diverranno coscienti, e disperati, come il comandante Robert Lewis che il 6 agosto 1945, dopo aver lanciato la bomba atomica, disse: “Mio Dio, cosa abbiamo fatto?!”. Scopriranno che Dio non era con loro, che Dio si era nascosto: il suo volto era quello dell’altro, che abbiamo vessato, offeso, quando non sterminato.